Archivio del Parlamento napoletano (1848-1849)

L'archivio del Parlamento napoletano, conservato presso la Camera dei deputati, è costituito dalla documentazione che nel marzo del 1850, ad un anno dalla chiusura di esso, il commissario di polizia Maddaloni fece requisire e che nel 1861 - grazie all'intervento di Silvio Spaventa segretario generale di luogotenenza per il Ministero dell'interno e di polizia - venne trasmesso a Torino. A questo primo nucleo, negli anni successivi, si aggiunse altra documentazione rinvenuta a Napoli presso l'archivio del soppresso Ministero di polizia ed il trasferimento venne ultimato nel 1863. La consistenza attuale è di molto inferiore a quella che emerge dagli elenchi dell'epoca rispetto ai quali risultano mancanti alcune serie. I documenti sono ordinati per fascicoli con numerazione progressiva in ciascuna serie. Gli inventari analitici riguardano il materiale documentario relativo agli Archivi dei due rami del Parlamento. L'inventario analitico, riportato con alcuni adattamenti nell'inventario informatizzatoFEA a cura dell'Archivio storico, è stato redatto da Carla Lodolini Tupputi [[nota:Il Parlamento napoletano del 1848-1849. Storia dell'istituto e inventario dell'archivio, a c. di Carla Lodolini Tupputi, Roma 1992 (Camera dei deputati, Archivio storico, Fonti di storia parlamentare)]].

L'istituzione del Parlamento nel Regno delle Due Sicilie è strettamente connessa alla promulgazione della Costituzione concessa da Ferdinando di Borbone il 10 febbraio 1848 sulla spinta della insurrezione siciliana e della rivolta scoppiata nel Cilento nel gennaio dello stesso anno. Tale Costituzione, redatta sul modello di quella francese del 1830, affidava il potere legislativo congiuntamente al re e a due Camere, una dei deputati, elettiva, e una dei pari, di nomina regia, prive di ogni potere di controllo sull'attività di Governo. La funzione esecutiva, difatti, apparteneva al re, di fronte al quale i ministri erano responsabili in via esclusiva. Il successivo 29 febbraio venne pubblicata la legge elettorale e tra il 18 e il 30 aprile si svolsero le elezioni, ma le Camere non riuscirono mai a riunirsi a causa del conflitto, insorto tra i deputati e il re alla vigilia della convocazione del Parlamento stabilita per il 15 maggio, in merito al giuramento da effettuarsi all'apertura delle Camere. Il re le sciolse e convocò per il 15 giugno nuove elezioni dalle quali uscì un nuovo Parlamento che tenne la seduta inaugurale il 1° luglio. L'attività del Parlamento napoletano fu contrassegnata da una serie di accese critiche nei confronti della politica governativa che toccavano indirettamente la corona ed erano focalizzate in particolare sul comportamento tenuto in occasione della repressione della rivolta calabrese da parte delle truppe del generale Nunziante. Nel settembre del 1848, in seguito anche all'aggravarsi della situazione siciliana con il bombardamento di Messina, il Parlamento sospese la sua attività per riprenderla il 1° febbraio dell'anno successivo, ma ormai l'opposizione dei deputati al re era divenuta sempre più manifesta e ben presto si giunse all'aperta rottura. La nuova sessione fu inaugurata con un ennesimo contrasto tra deputati e Governo in merito alla presentazione del bilancio che si concluse con l'approvazione di un disegno di legge di autorizzazione all'esercizio provvisorio per due mesi; contestualmente, però, i deputati proposero un indirizzo al sovrano contro l'azione del Governo affinché si desse un diverso avvio alla politica del Ministero. Alla base di questo contrasto, non appoggiato dalla Camera dei pari, totalmente acquiescente alla volontà del Ministero, era la diversa interpretazione della funzione del Parlamento e delle sue prerogative rispetto all'azione del Governo. L'indirizzo, approvato con 73 voti contro 26, fu l'ultimo atto del Parlamento napoletano che si concluse il 12 marzo 1849 quando venne data lettura del decreto reale di scioglimento delle Camere.

1848-1849

7 buste

124 fascicoli

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